Terapia per la cura del linfedema

iL lINFEDEMA: COS’E’ E COME SI CURA?

Il linfedema è un gonfiore che si manifesta ad un uno o ad entrambi gli arti superiori o inferiori in seguito ad un problema del sistema linfatico.

Prima di parlare di come si cura il linfedema, faccio un passo indietro per spiegare molto brevemente cos’è il sistema linfatico.

Il sistema linfatico è un insieme di piccoli vasi che raccolgono il sangue di scarto del sistema venoso e si occupano di recuperare ciò che può essere riutilizzato dopo averlo depurato.

Il sistema linfatico può subire danni quando per esempio c’è un intervento di asportazione oncologica di linfonodi o può essere già dalla nascita un sistema che arranca. In questa situazione si possono manifestare dei gonfiori degli arti.

Per definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità il linfedema è una patologia cronica, progressiva, invalidante.

Nonostante quest’incidenza piuttosto elevata, chi ne soffre giunge alla diagnosi in modo estremamente tardivo con conseguenze notevoli sulla qualità di vita.

I linfedemi si dividono in primari e secondari.

  • I linfedemi primari si suppone abbiano base genetica e possono manifestarsi anche dopo molti anni dalla nascita. Possono comparire in seguito ad un evento scatenante traumatico (ustione, ferita, lunga camminata sui tacchi, ecc.).
  • I linfedemi secondari nei paesi occidentali hanno per la maggior parte causa chirurgica.

In Italia si stimano circa 350000 casi. Il 48% sono linfedemi primari, il 52% sono linfedemi secondari.

Può esserci associazione con problemi venosi o lipedema.

PRIMO ESEMPIO

Immaginiamo che il sistema linfatico sia un insieme di tante strade. In caso di asportazione linfonodale avviene una inevitabile interruzione di alcune di queste strade.

Cosa succede alla linfa/traffico che normalmente c’è? Può “sparpagliarsi” in strade collaterali o in assenza di queste bloccarsi lì dov’è creando un linfedema secondario.

SECONDO ESEMPIO

Il gonfiore è presente già alla nascita a causa di un sistema genetico che causa una particolare problematica ai vasi linfatici.

In altro caso il gonfiore si può manifestare in seguito ad un evento scatenante come una scottatura o un trauma.

SINTOMI

Sintomi caratteristici oltre all’evidente gonfiore sono sensazione di pesantezza, tensione e indolenzimento dell’arto coinvolto. I pantaloni iniziano a sembrare stretti lungo la gamba, spesso solo da una parte però. Allo stesso modo la manica di un cappotto che andava perfetto, sembra essersi ristretta.

L’entità dei sintomi dipende dal grado del linfedema.

All’inizio il gonfiore è talmente lieve da passare quasi inosservato, poi il tessuto si gonfia e una leggera pressione lascia un piccolo solco sulla cute, detto segno della fovea.

Negli stadi più avanzati, il tessuto cutaneo s’indurisce e la pelle può lesionarsi per l’accumulo eccessivo di linfa nei tessuti. Nei casi più gravi l’arto si deforma, con conseguenze sulle normali attività della vita quotidiana.

Quale problema c’è stato?

È come se la nostra linfa/traffico fosse dalla nascita piuttosto consistente ma non fosse bloccata. L’evento scatenante può essere paragonato ad una interruzione stradale importante. Se l’interruzione avviene su strade già congestionate, il traffico/linfa si blocca completamente creando un gonfiore. Si parla in questo caso di linfedema primario.

Più di 10 anni fa in seguito ad un problema di salute che ha richiesto un intervento chirurgico, ho sviluppato un linfedema secondario.

Non mi ero mai occupata nello specifico di questa patologia ritenuta erroneamente ancora rara. Le mie conoscenze erano quelle dei miei tempi universitari in cui si diceva che il trattamento per il linfedema era il linfodrenaggio.

Ho avuto un percorso simile a quello di tanti pazienti fatto di tentativi ed errori, di periodi in cui mi sottoponevo a trattamenti linfodrenanti che davano risultati temporaneamente illusori con conseguente frustrazione e perdita di tempo e denaro.

Passata la fase della confusione mi sono rimboccata le maniche e ho iniziato a studiare e a fare corsi di specializzazione che mi hanno permesso di prendermi cura del mio linfedema e di quello degli altri in modo adeguato.

Ora sono una fisioterapista specializzata sul trattamento di linfedema e lipedema.  Diciamo che da una cosa negativa come la mia malattia ne è uscita una magnifica possibilità di crescita personale e professionale che mi permette di aiutare tutte quelle persone che si trovano nella stessa situazione in cui mi sono trovata io.

E ora che so come si cura/argina un linfedema, mi innervosisco quando arrivano da me persone che hanno avuto il mio percorso di tentativi errori, scoraggiamento ecc ecc.

Peggio ancora quando pazienti oncologici si sentono dire:

“Ma signora, si lamenta per un braccio/gamba gonfia? E’ viva no?”

E uno perché è vivo grazie all’avanzare della scienza deve portarsi dietro una conseguenza per la quale un intervento precoce è determinante per frenarne lo sviluppo?

E quindi come si cura il linfedema?

 

La cura del linfedema ad oggi è rappresentata dalla TERAPIA DECONGESTIVA COMPLESSA che si avvale di molte metodiche e che non tutti i professionisti sanitari conoscono.

Secondo le linee guida internazionali e italiane, il trattamento ideale per curare il linfedema è quello che viene definito TRATTAMENTO DECONGESTIVO COMPLESSO (TDC).

 

Tale trattamento si compone di varie fasi:

  • Bendaggio multicomponente
  • Linfodrenaggio manuale
  • Terapia elettromedicale coadiuvante
  • Cura della cute
  • Utilizzo di calze o bracciali elastici contenitivi
  • Esercizio fisico ed esercizi di respirazione
  • Autotrattamento

 

La terapia decongestiva complessa come cura del linfedema è un percorso che viene costruito sulla persona e talvolta i risultati sul gonfiore degli arti sono eclatanti già in poche sedute.

Quindi se siete persone che hanno avuto un problema oncologico in seguito al quale avete sviluppato un gonfiore dell’arto superiore o inferiore, non accontentatevi di risposte vaghe sul fatto che dovete accontentarvi e, soprattutto se siete lontani da Parma, cercate un fisioterapista specializzato sulla terapia decongestiva complessa.

Se invece non siete pazienti oncologici ma avete dei gonfiori agli arti in questo caso più facilmente alle gambe, avrete con probabilità fatto un ecodoppler. Se è risultato negativo per problemi vascolari e siete stati liquidati senza spiegazione, cercate anche in questo caso uno specialista che sappia cos’è un linfedema (sempre se siete lontani da Parma, altrimenti posso anche aiutarvi io).

So che non è facile perché spesso ancora oggi il sistema linfatico non viene studiato a fondo tanto è vero che non esiste una specialità specifica in linfologia. La rete, sia che cerchiate un medico che un fisioterapista, può essere un valido aiuto.

quando iniziare trattamento linfedema

QUAL’E’ LA STAGIONE MIGLIORE PER INIZIARE UN TRATTAMENTO?

Non c’è un periodo migliore dell’altro per iniziare un trattamento per la cura del linfedema!
Sono le condizioni del linfedema che si ha, a dare indicazioni su quando sia meglio iniziare la terapia.

Se si tratta di un edema già presente da anni che è stabile, forse iniziare un trattamento in estate non è una buona idea. Il bendaggio fa caldo, bisogna fare movimento e il trattamento può con buone probabilità essere programmato per i mesi più freschi.

Se invece si è subito un intervento chirurgico e l’edema sta comparendo per la prima volta anche se magari con segni non ancora molto visibili, un intervento precoce è auspicabile. Tra l’altro un trattamento a patologia non ancora sviluppata in modo importante risulta più breve e quindi maggiormente tollerabile.

Altro caso con carattere di inizio urgente è quello in cui le condizioni del proprio linfedema si stiano modificando evolvendo in un aumento del volume.

Il bendaggio multicomponente è obiettivamente antipatico da portare. Se necessario l’utilizzo durante la stagione estiva, la sensazione di calore comporta qualche problema di gestione, un po’ come se si avesse un gesso. Occorre sempre fare una buona valutazione costi benefici!!

RICAPITOLIAMO

  • Un gonfiore dopo trattamenti oncologici è verosimilmente un linfedema
  • Un gonfiore di un arto inferiore dopo un evento scatenante, potrebbe essere un linfedema
  • Un gonfiore ad entrambi gli arti inferiori senza causa venosa potrebbe essere causato da un sistema linfatico che arranca

E soprattutto:

SI PUÒ SEMPRE FARE QUALCHE COSA!

Quando persone con un linfedema arrivano in studio, passo spesso la prima ora a spiegare che tipo di problema devono affrontare, cosa si può fare e cosa si può ottenere. Cerco inoltre di capire a fondo quali aspettative la persona ha nei confronti di una patologia definita cronica e stabiliamo insieme modalità e tempistiche di trattamento.

Ho la fortuna di collaborare con un tecnico ortopedico specializzato che mi affianca per il mantenimento dei risultati raggiunti e senza il quale il mio lavoro mancherebbe di una parte molto importante.

La gioia negli occhi dei miei pazienti quando vedono i risultati del trattamento e quando raccontano di sentirsi molto più sicuri di sé perché conoscono ciò che possono o non possono fare, mi riempie di soddisfazione e mi ripaga per tutte le ore passate a corsi lontano da casa o sui libri a studiare!

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SI PUO’ GUARIRE DAL LINFEDEMA?

Mi piacerebbe tanto rispondere di sì (tra l’altro guarirei volentieri anch’io!)

Ma purtroppo no. Non si può guarire dal linfedema, ma ci si può convivere e vivere alla grande!

Abbiamo visto che per definizione non mia ma dell’organizzazione mondiale della sanità, il linfedema è un problema cronico, progressivo e invalidante.

La parola cronico spaventa sempre tanto.

Riflettiamoci un attimo però. Quante persone conosci che soffrono di artrosi? L’artrosi è la fedele compagna di molti dei nostri anziani purtroppo. E’ cronica ma non necessariamente grave. Ne esistono di varie forme, più o meno dolorose. Fa parte della nostra quotidianità e sentirne parlare e non ci fa paura più di tanto.

Per il linfedema occorre pensare la stessa cosa. Non tutte le forme saranno gravi, non tutte le forme obbligheranno a modifiche della propria quotidianità.

La progressione in realtà è ciò a cui bisogna stare più attenti. E la progressione un aspetto del linfedema non prevedibile. Può essere molto lenta, veloce, può essere anche che una volta instaurato non progredisca più.

E’ alla progressione che bisogna proprio dare la maggior attenzione. Occorre monitorarla e bloccarla con quelli che sono ad ora i migliori strumenti a disposizione.

 

Capire perché può essere necessario fare dei bendaggi, portare una calza, avere delle attenzioni, è fondamentale per arginare la progressione.

Bloccare la progressione elimina già l’ultima parola della definizione: invalidante.

La cosa più difficile per me è quando mi trovo davanti una persona con linfedema secondario (attenzione: non voglio in nessun modo sminuire la sofferenza di chi ha un linfedema primario!)

Sono persone che hanno un vissuto di malattia importante. Si sentono sopravvissute. Hanno subito menomazioni fisiche e per molto tempo si sono chieste se sarebbero arrivate all’anno successivo.

Le cure però sono migliorate tanto e con loro anche le aspettative di vita. E’ per loro (noi), difficile accettare che ciò che è stato fatto per salvargli la vita, gli abbia procurato un danno cronico e progressivo con il quale dovranno convivere per il resto della loro ancora lunga vita.

Subentra un pò di nervoso per averla scampata bella e ritrovarsi con un problema cronico e progressivo. Reazione assolutamente umana direi!

Quando qualcuno viene in studio per una consulenza, gli dedico molto tempo. Più che impostare un trattamento “di default” mi preme che capisca l’importanza del percorso corretto.

Nella maggior parte dei casi la differenza la fa:

  • Il tempismo con il quale viene affrontato il percorso
  • Il trattamento scelto per prendersi cura del linfedema.

PERCHE’ RIVOLGERSI AL MIO STUDIO?

Perché io so cosa vuol dire vivere con un linfedema!

Ho la consapevolezza di quanto possa essere difficile conviverci e di quanto sia difficile trovare chi lo sappia gestire in modo adeguato. Questo spesso comporta una perdita importante di tempo e denaro.

Il mio scopo è quello di affiancare la persona con linfedema in modo che impari a gestirlo fermo restando il fatto che una volta instaurato non scompare più.

Oltre all’aspetto puramente fisioterapico verrà data particolare attenzione alla gestione della quotidianità in tutti i suoi aspetti anche psicosociali.to.

PERCHE’ NON NASCONDERE LA TESTA SOTTO LA SABBIA?

Perché il linfedema è per definizione cronico, progressivo, invalidante. Non si guarisce ma si può controllare con un trattamento specifico per il linfedema.

Non considerarlo sino a quando non inizia a dare fastidi è sempre controproducente.

Le conseguenze del “far finta di non vedere” possono essere gravi infezioni batteriche e serie complicazioni nella vita quotidiana.
Se viene affrontato già al momento dei primi segni, il trattamento risulta più breve e di conseguenza meno impegnativo sotto tutti i punti di vista.

Una volta individuato il giusto protocollo di trattamento per curare il linfedema e messo un argine per impedirgli di espandersi può essere necessario un adeguato, saltuario mantenimento.

La cosa più importante in medicina? Non è tanto la malattia di cui il paziente è affetto, quanto la persona che soffre di quella malattia

Ippocrate

 

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Hai domande? Qui trovi le domande frequenti

Come lavoro?

Come fisioterapista chiedo alla persona delle informazioni di base sullo stato di salute attuale e pregresso.
Chiedo che lavoro fa e che tipo di postura mantiene durante la giornata non perché io sia curiosa ma perché sono informazioni utili per capire come impostare il trattamento. Eseguo poi una valutazione funzionale delle strutture anatomiche maggiormente interessate dal problema e dell’apparato muscolo scheletrico in toto.

Per capirci: se venite per un dolore al collo, io guardo tutta la vostra colonna vertebrale.
Tale valutazione mi permette di stabilire se posso inserire in trattamento la persona che ho davanti o se devo inviarla dal medico per ulteriori accertamenti. E poi imposto il trattamento che ritengo più idoneo, che non sempre è il massaggio!

Informo sempre chi ha già fatto altri percorsi che il mio modo di lavorare è un po’ “diverso”. Oltre a tecniche di terapia manuale mi sono avvicinata con il tempo a terapie strumentali non comuni. Anzi, in realtà sono loro che mi hanno avvicinato.

Ogni elettromedicale che c’è in studio ha una sua storia spesso legata alla mia storia personale. Chiedo spesso alla persona una partecipazione attiva al trattamento.
In pratica è facile che vi ritroviate con dei compiti da fare a casa! Non spaventatevi però: sono una sostenitrice di poche indicazioni ma di qualità. I compiti quindi sono sempre pochi! Una delle mie frasi preferite è quella che un mio insegnante ripeteva spesso: va prescritto il terapista e non la terapia!

Con i miei pazienti cerco di stabilire un rapporto empatico unito alla competenza che non deve assolutamente mancare. Chi mi conosce sa che non detto mai le regole ma che cerco sempre di trovare degli obiettivi condivisi magari anche piccoli, magari anche scendendo a qualche compromesso tenendo sempre bene a mente la ragione per cui una persona è venuta da me.
Per quanto lavori da sola, non ho difficoltà ad interagire anche con altre figure professionali in modo da lavorare tutti nella stessa direzione soprattutto in casi complessi.

Quante sedute si fanno da me?

Non so mai rispondere a questa domanda. Le condizioni di partenza di una persona che mi chiede aiuto sono importanti.
Diciamo che generalmente in 4-5 sedute voglio iniziare a vedere un cambiamento. Se avviene so di essere sulla strada giusta. Se non avviene posso richiedere che vengano fatti ulteriori accertamenti.
Io vedo la fisioterapia come un percorso di cura, ma anche di prevenzione di tutti quei disturbi che, nel corso degli anni, affliggono tante persone e sono sempre contenta quando le persone stanno bene!

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